Solitamente noi del Diabetes Research Institute apriamo le porte dei nostri laboratori a chiunque – pazienti affetti da diabete, loro famigliari, nostri sostenitori ma anche semplicemente persone interessate a scoprire qualcosa in più sul diabete e su di noi – per raccontare loro cosa significa fare ricerca e soprattutto cosa significa fare ricerca sul diabete, patologia sempre più diffusa ma di cui ad oggi conosciamo ancora poco.
Questa volta, abbiamo deciso di aprire le nostre porte per uscire e raccontare al di là dei nostri laboratori chi siamo e cosa facciamo.
Il 12 Ottobre per la prima volta si è tenuta una serata per noi davvero speciale: la Charity DRI Dinner, cena di beneficienza a sostegno del nostro istituto di ricerca, che si è svolta presso l’esclusiva cornice del ristorante “Cracco” in Galleria Vittorio Emanuele II a Milano.
Sono tanti i motivi per cui questa serata si può definire davvero speciale.
Abbiamo parlato innanzitutto di diabete: che cos’è, i numeri ad esso legati, i costi – sempre altissimi purtroppo – legati alla ricerca di una cura che noi ogni giorno ci impegniamo a trovare.
Abbiamo parlato dei nostri progetti di ricerca – dei passi già compiuti e di quelli che abbiamo intenzione di compiere per trovare una cura definitiva a questa patologia; abbiamo anche parlato di noi al di fuori dei nostri laboratori e a persone quasi tutte “laiche” di scienza ma piene di entusiasmo, passione e curiosità verso il nostro lavoro.
Molti di voi hanno spiegato anche cosa significa essere coinvolti nella ricerca di una cura per la malattia, senza però essere un ricercatore: da aziende che sostengono il nostro lavoro con costante impegno, umano ed economico, come l’azienda informatica IBM e il brand I Love Riccio (marchio specializzato in capelli ricci), fino al nostro sostenitore per eccellenza, il cantante Ermal Meta, che da sempre sostiene la ricerca del DRI.
Tutti noi, però, eravamo presenti certamente per un unico scopo:
sostenere la ricerca scientifica per poter trovare, insieme, una cura al diabete.
