Milano, giovedì 21 maggio 2020. A tre mesi dal precedente focus si rende necessario un update in relazione alle informazioni su coronavirus e diabete. La diffusione dell’infezione da coronavirus (definito dall’OMS come SARS-CoV-2) ha messo in allarme i pazienti diabetici, poiché le prime informazioni su questa malattia dimostravano che sono soprattutto le persone fragili e con patologie pregresse, oltre agli anziani, a rischiare le complicanze maggiori. La comunità clinica e scientifica del Diabetes Research Institute di Milano ribadisce che le conoscenze su questa nuova infezione umana, comparsa soltanto a dicembre 2019 sulla scena mondiale, e sulla natura, pericolosità e durata dell’epidemia, sono relativamente poche, premature e cambiano di settimana in settimana. Perciò occorre molta cautela nell’offrire suggerimenti che non possono poggiare su evidenze e osservazioni specifiche, solide e rigorose. È però possibile dare qualche indicazione basata su evidenze scientifiche validate dai primi lavori scientifici e dalle esperienze cliniche sviluppate in questi primi mesi.
Le persone con diabete, in caso di infezione da coronavirus, corrono più rischi rispetto ai non-diabetici?
Tutte le evidenze convergono nell’indicare la presenza del diabete come un fattore che aumenta il rischio di avere forme severe dell’infezione da SARS-CoV-2 e quindi di essere associata ad un incremento della mortalità. Alcune informazioni sono ora più consolidate e mostrano che il rischio legato al diabete è presente in qualsiasi fascia dell’ età adulta e in molte analisi risulta indipendente dalla presenza di altre comorbidità quali l’ipertensione, le malattie cardiovascolari o le malattie renali. Inoltre più di una evidenza concorda nell’indicare che il controllo glicemico all’interno della popolazione con diabete sia molto importante nel rischio di severità e di mortalità in caso di COVID-19.
C’è differenza tra diabete di tipo 1 e diabete di tipo 2 in termini di rischio in caso di infezione da coronavirus?
La maggior parte degli studi per ora eseguiti non hanno distinto nell’analisi tra le varie forme di diabete. I dati più recenti prodotti dal National Health Service (NHS) inglese, dove l’analisi sulla mortalità è stata separata, mostrano che dopo l’età di 40 anni il rischio associato al paziente con diabete di tipo 1 è superiore rispetto al paziente con diabete di tipo 2. Questa differenza necessiterà di essere confermata anche in altre analisi prima di essere assunta a evidenza. Non ci sono evidenze al momento che in età pediatrica la presenza del diabete di tipo 1 costituisca uno specifico fattore di rischio.
Le persone con diabete, sono a più elevato rischio di contrarre l’infezione da coronavirus?
Al momento la risposta è no. I dati al momento non suggeriscono un aumento di rischio di infezione nel soggetto diabetico. I dati attuali però provengono da coorti di soggetti ospedalizzati e non sono disponibili dati sulla siero prevalenza della popolazione diabetica rispetto a quella generale, dati che necessitano ancora tempo. Per questo motivo non è ancora possibile dire in modo definitivo se le persone con diabete abbiano maggiori probabilità o no di contrarre COVID-19.
Che cosa rende più vulnerabili le persone con diabete in caso di infezione da coronavirus?
Non lo sappiamo. Accanto all’ovvio contributo della concomitanza di malattie cardiovascolari, renali e dell’obesità (per il diabete di tipo 2) è oggi chiaro che esiste uno specifico contributo del diabete in quanto tale all’incremento del rischio. Diverse sono le ipotesi in studio per spiegare questa associazione tra le quali la possibilità di una maggiore difficoltà da parte del sistema immunitario ad aggredire il virus, la presenza di un background pro infiammatorio e una disfunzione della coagulazione legate all’insulino resistenza e alla instabilità glicemica, la presenza di meccanismi specifici in grado di aumentare la possibilità del virus di aggredire le cellule polmonari ( livelli più elevati di alcune proteine in grado di favorire l’infettività del virus)
Le persone con diabete devono cambiare qualcosa nella loro terapia per prevenire l’infezione da coronavirus?
Al momento non c’è evidenza che i farmaci utilizzati nella terapia del diabete o delle comorbidità (ipertensione, dislipidemia) abbiamo un ruolo specifico. In particolare i farmaci che sono stati indicati all’inizio dell’epidemia come potenzialmente in grado di favorire la severità della malattia o la predisposizione alla stessa non si sono rivelati al momento tali: ACE inibitori, Sartanici, Tiazolidinedioni, Statine. Ugualmente alcuni farmaci indicati su base teorica come in grado di proteggere dal virus come i Dpp4 inibitori, non hanno ancora raggiunto una evidenza sperimentale di validità. Sicuramente nuovi dati verranno disponibili nel prossimo futuro ma, dal punto di vista pratico, al momento è fondamentale che i pazienti affetti da diabete seguano scrupolosamente le raccomandazioni igieniche e di distanza sociale, volte a minimizzare in rischio di contrarre l’infezione e che proseguano attentamente le raccomandazioni nutrizionali e le terapie farmacologiche in corso, in modo da ottenere e mantenere un buon controllo metabolico.
Che cosa devono fare le persone con diabete per ridurre i rischi in caso d’ infezione?
Assicurare il miglior controllo glicemico possibile. In caso di malattia severe l’utilizzo dell’insulina è d’obbligo ma sarà di competenza dei medici ospedalieri provvedere al cambio di terapia. In caso di forme lievi che non richiedono ospedalizzazione le persone con diabete di tipo 1 dovranno essere monitorate attentamente, per ridurre il rischio di chetoacidosi. In caso di trattamento con SGLT-2 inibitori è necessario prendere tutte le precauzioni come in caso di presenza di infezioni. Le persone con diabete di tipo 2 dovranno discutere con il proprio diabetologo di riferimento la migliore terapia in funzione della situazione. Astenersi dal fai da te e contattare sempre e comunque il medico, ove possibile anche il proprio diabetologo.