Nel diabete di tipo 2 (T2D), al lento e progressivo calo della produzione di insulina si aggiunge spesso la ridotta capacità del corpo di rispondere a questo ormone, un fenomeno chiamato insulino-resistenza. Divenute “sorde” al messaggio portato dall’insulina, le cellule del fegato, dei muscoli e del tessuto adiposo non assorbono il glucosio. Questa molecola rimane quindi inutilizzata nel circolo sanguigno, stimolando ulteriore produzione di insulina fino al collasso dell’intero sistema. Sebbene inizialmente la dieta e l’esercizio fisico possano aiutare il paziente a tenere i sintomi sotto controllo, le terapie sensibilizzanti all’insulina sono indispensabili per favorire l’assorbimento e il corretto utilizzo di questa importante fonte energetica. Purtroppo i farmaci sensibilizzanti finora utilizzati, i tiazolidinedioni (o glitazoni), uniscono agli indiscutibili benefici alcuni importanti effetti collaterali, tra cui aumento di peso, steatosi e riduzione della densità ossea con conseguenti fratture.
Uno studio recentemente pubblicato dal gruppo di Ronald M. Evans presso il Salk Institute for Biological Studies, in California, (Suh JM, Jonker JW, Ahmadian M, Goetz R, Lackey D, Osborn O, Huang Z, Liu W, Yoshihara E, van Dijk TH, Havinga R, Fan W, Yin YQ, Yu RT, Liddle C, Atkins AR, Olefsky JM, Mohammadi M, Downes M, Evans RM. Endocrinization of FGF1 produces a neomorphic and potent insulin sensitizer. Nature. 2014 Jul 16. doi: 10.1038/nature13540) ha rivelato che una molecola normalmente presente nel nostro corpo, FGF1 (fibroblast growth factor 1), è importante nel controllo della sensibilità all’insulina. FGF1 ha molteplici funzioni, ma si è visto in particolare che i topi incapaci di produrre questa molecola sviluppano insulino-resistenza se nutriti con una dieta ricca di grassi, in modo simile a quel che succede nei pazienti diabetici. Al contrario, la somministrazione di FGF1 a topi obesi e insulino-resistenti è estremamente efficace nell’abbassare i livelli di glucosio nel sangue e favorire il suo corretto utilizzo, a condizione che vi sia sufficiente produzione residua di insulina. L’assenza degli effetti collaterali normalmente associati all’uso dei tiazolidinedioni aumenta le speranze che il trattamento con FGF1 (o molecole derivate) possa essere studiato più approfonditamente e si riveli sicuro ed efficace anche nei pazienti con diabete di tipo 2.