Quando la ricerca sposa la clinica i risultati divengo concreti anche per i pazienti. È questa la “morale” del lavoro pubblicato in questi giorni dal World Journal of Gastroenterology, lavoro nato dalla collaborazione tra medici, biologi e chirurghi del Dipartimento di Chirurgia e del Diabetes Research Institute dell’Ospedale San Raffaele (Balzano G, Carvello M, Piemonti L, Nano R, Ariotti R, Mercalli A, Melzi R, Maffi P, Braga M, Staudacher C. Combined laparoscopic spleen-preserving distal pancreatectomy and islet autotransplantation for benign pancreatic neoplasm. World J Gastroenterol. 2014 Apr 14;20(14):4030-6. doi: 10.3748/wjg.v20.i14.4030).
La pancreasectomia distale consiste nell’asportazione chirurgica della parte sinistra del pancreas ed è l’intervento standard per i tumori benigni o borderline del pancreas localizzati nella parte centrale dell’organo. Tradizionalmente questa chirurgia è associata all’asportazione anche della milza (splenectomia) ed è effettuata attraverso un’incisione ampia sulla parete addominale. Inoltre, questo tipo di chirurgia può comportare lo sviluppo del diabete (5-42%), dovuto all’inevitabile perdita di una grossa parte di pancreas sano contenente le isole di Langerhans, cioè quei microorgani presenti nel pancreas e costituiti per il 60-80% da cellule producenti l’insulina.
Per la prima volta al mondo si sono minimizzati i rischi correlati a questo intervento, combinando una tecnica di chirurgia laparoscopica associata alla preservazione della milza e al recupero delle cellule producenti insulina e successiva infusione nel fegato (autotrapianto di isole pancreatiche).
L’approccio è stato testato con successo in tre pazienti affetti da neoplasia cistica della parte centrale del pancreas. In pratica, attraverso la chirurgia laparoscopica (la tecnica che prevede l’esecuzione dell’intervento addominale senza apertura della parete) è stato possibile rimuovere la maggior parte del pancreas contenente la neoplasia, conservando però la milza. Dal pancreas asportato si è selezionato il tessuto sano e si sono isolate le isole di Langerhans. Le isole sono state quindi tenute in condizioni controllate in laboratorio per un giorno circa, al fine di permettere la loro ripresa funzionale. Quindi il giorno successivo all’operazione in anestesia locale si è potuto raggiungere la vena che porta il sangue al fegato, denominata “vena porta”, e in quella sede le isole sono state infuse, ricostruendo la funzione di secrezione dell’insulina nel fegato dei pazienti. Tutti e tre i pazienti hanno avuto un decorso regolare e nessuno ha sviluppato diabete.