E’ rivolto ai pazienti maggiorenni che abbiano un esordio di diabete mellito di tipo 1 recente, cioè da non più di tre mesi. L’obiettivo è quello di conservare le proprie cellule che producono l’insulina attraverso un farmaco della famiglia degli antinfiammatori da assumersi per tre cicli di due settimane. E’ tutto frutto del genio italiano, ma si svolgerà in tutta EUROPA con il coinvolgimento di otto centri di cui 4 in Italia, 2 in Belgio e 2 in Germania. E’ uno studio di fase 2 (A Phase 2, Multicentre, Randomized, Double-blind, Placebo-controlled Study in Patients With New-onset Type 1 Diabetes; NCT02814838) coordinato dal Diabetes Research Institute di Milano. E’ la translazione clinica di una precedente scoperta pubblicata nell’ottobre del 2014 sulla rivista internazionale Diabetes, l’organo ufficiale della American Diabetes Association (ADA) da parte dei ricercatori del DRI Milano. “Siamo entusiasti che nel giro di due anni si sia potuti passare in clinica” spiega Lorenzo Piemonti, uno dei papà della scoperta “e questo è stato possibile grazie alla combinazione dello sforzo di molte persone che hanno lavorato in sinergia nel mondo accademico e nel mondo dell’industria”. Quale sia la causa che porta allo sviluppo del diabete di tipo 1 (T1D) è ancora un’incognita, ma è ormai noto che sin dai primi anni di vita il pancreas dei pazienti affetti da questa patologia veda un attacco da parte delle cellule del sistema immune. Identificare quali siano le cellule immuni più rilevanti e introdurre nuove strategie per bloccare o rallentare la loro azione nei diversi stadi della malattia è quindi una strategia potenzialmente rilevante. “Nel 2014 avevamo descritto nel modello preclinico” spiega il Dr Antonio Citro del DRI Milano “che una molecola denominata Ladarixin era in grado di inibire il movimento delle cellule del sistema immunitario durante lo sviluppo del diabete, bloccando così il processo di reclutamento nel pancreas. I risultati nel modello preclinico dimostravano che l’impiego di questa molecola in differenti momenti della malattia portava alla riduzione delle cellule infiammatorie (principalmente neutrofili e macrofagi) dal pancreas, migliorandone il quadro clinico nel lungo periodo”. “Questi promettenti risultati confermavano il ruolo primario di queste cellule nella patogenesi del diabete e suggerivano la possibilità che il loro blocco possa prevenire o ritardare il progredire della malattia nell’uomo” conclude Piemonti. I risultati definitivi sono attesi entro due-tre anni. Le caratteristiche per essere candidabili, oltre che essere maggiorenni, è di avere avuto un esordio di diabete mellito di tipo 1 nei 100 giorni precedenti. C’è un ulteriore buona notizia: tutto lo studio è di paternità italiana poiché la molecola testata è di brevetto italiano (farmaco frutto della ricerca Dompé). Chiunque fosse interessato a partecipare può farlo sottomettendo i suoi dati attraverso questo link web nella sezione dedicata all’arruolamento per gli studi clinici.