Pubblicato dal San Raffaele Diabetes Research Institute un nuovo approccio per prevenire il diabete in pazienti sottoposti ad asportazione del pancreas per malattie oncologiche.
Le procedure chirurgiche sul pancreas sono considerate interventi maggiori gravati da un tasso significativo di complicanze e mortalità. Negli ultimi decenni il consolidamento delle competenze chirurgiche e la centralizzazione della chirurgia pancreatica in centri ad alto volume ha portato a una forte calo dei tassi di mortalità e morbilità. Questo, associato a un aumento della sopravvivenza dei pazienti portatori di neoplasia pancreatica, pone la necessità di una maggiore attenzione ad aspetti legati alle complicanze a lungo termine della asportazione del pancreas. Il diabete mellito è una complicazione rilevante della chirurgia pancreatica. Infatti, l’asportazione del pancreas, quando è totale, comporta l’insorgenza di una forma di diabete particolarmente difficile da trattare; quando è estesa, anche se parziale, determina comunque un rischio del 50% di sviluppare diabete negli anni successivi.
L’autotrapianto di isole pancreatiche consiste nel recuperare dal proprio pancreas asportato le cellule che producono insulina e nell’impianto delle stesse nel fegato ingegnerizzando un organo “puzzle” (fegato con funzione di pancreas). L’autotrapianto di isole è una valida opzione per evitare o minimizzare il diabete post-pancreasectomia, ma fino ad ora è stato eseguito esclusivamente in pazienti sottoposti a pancreatectomia causata dalla pancreatite cronica. La procedura viceversa non è stata mai applicata ai pazienti portatori di patologia neoplastica perché di maggiore difficoltà tecnica, con un possibile incrementato del rischio infettivo e di disseminazione della malattia tumorale.
Recentemente, il San Raffaele Diabetes Research Institute di Milano ha suggerito criteri di selezione più ampi per l’autotrapianto di isole, esplorando la possibilità di estenderlo ai pazienti con neoplasia pancreatica sottoposti a pancreasectomia totale o distale estesa. Una valutazione preliminare a breve termine in un numero limitato di pazienti era stata pubblicata nel 2013 da Annals of Surgery, suscitando interesse ma anche un importante dibattito nel campo. Infatti, il commento editoriale da parte del gruppo di studiosi dell’Università di Minnesota (il centro con la più ampia casistica nel campo dell’autotrapianto in caso di pancreatite cronica) poneva l’attenzione sulla necessità di un follow-up più lungo e un aumento del numero di soggetti reclutati prima di poter concludere sulla fattibilità, efficacia e sicurezza dell’approccio. È stato ora pubblicato sull’American Journal of Transplantation il secondo lavoro, che rappresenta il più ampio studio realizzato fino ad ora sulle caratteristiche cliniche e il follow-up dei pazienti trattati con autotrapianto di isole secondo indicazioni cliniche diverse da pancreatite cronica. Si è riconfermato e ulteriormente rafforzata la fattibilità, l’efficacia e la sicurezza dell’approccio nel contesto oncologico, fornendo un nuovo strumento per prevenire o minimizzare il diabete in questo gruppo di pazienti.