Con l’impianto con successo nel mese di Gennaio del dispositivo DiaPort in un primo paziente con diabete di tipo 1, la Diabetologia dell’IRCCS Ospedale San Raffaele è diventata centro di riferimento per l’utilizzo di questa tecnologia. Il sistema Diaport consiste in un catetere intraperitoneale collegato a un dispositivo impiantato a livello della parete addominale anteriore, che consente la somministrazione continua di insulina, mediante un microinfusore esterno indossato dal paziente. Dall’addome l’insulina viene drenata al fegato che ritorna così a essere il primo organo bersaglio dell’ormone, proprio come succede nelle persone non diabetiche, quando è secreto correttamente dal pancreas: con la somministrazione dell’insulina per via intraperitoneale la riduzione della glicemia è più fisiologica rispetto alla somministrazione per via sottocutanea, con dosi complessive di insulina più basse e un ridotto rischio di ipoglicemia.
L’impianto di DiaPort viene eseguito in anestesia generale, richiede circa 30 minuti e un ricovero ospedaliero di due giorni, principalmente legato alla necessità di istruire i pazienti riguardo il suo funzionamento. Con questo dispositivo si deve utilizzare un’insulina particolare (chiamata Insuman Infusat) che al momento è l’unica insulina con basso rischio di precipitazione e occlusione del catetere intraperitoneale (<1%).
L’impiego di questa tecnologia, pensata per i pazienti con diabete di tipo 1 che mostrano resistenza alla somministrazione sottocutanea di insulina, è possibile grazie alla collaborazione tra la Medicina Interna e Diabetologia, diretta dal professor Emanuele Bosi, e la Chirurgia del Pancreas diretta dal professor Massimo Falconi. Oltre all’Ospedale San Raffaele, l’unico altro centro italiano autorizzato all’impianto di DiaPort è l’Ospedale San Giovanni di Dio di Olbia, in Sardegna. A oggi 93 persone in tutto il mondo, di cui 5 in Italia, utilizzano questo dispositivo.
La somministrazione di insulina per via intraperitoneale offre dei vantaggi sul compenso glicemico, ma può essere utilizzata soltanto in categorie ben precise di pazienti, come da indicazione del Servizio Sanitario Nazionale.
“L’infusione intraperitoneale di insulina – spiega Emanuele Bosi – è un’opzione terapeutica per pazienti impossibilitati, da cause di tipo fisico, a raggiungere un buon controllo glicemico se non pagando il prezzo di frequenti ipoglicemie. Si tratta in genere di pazienti con un ridotto/alterato assorbimento dell’insulina da sottocute, a volte per condizioni cutanee che possono interferire con l’assorbimento dell’insulina, compresi i casi, per fortuna oggi rari, di allergia all’insulina e ai suoi eccipienti”.
“Questo approccio – aggiunge il Prof. Piemonti, direttore del Diabetes Research Institute dell’Ospedale San Raffaele – può essere considerato come l’ultimo step prima di ricorrere a un trapianto di pancreas o di isole del pancreas. Con l’impianto in un primo paziente possiamo affermare che abbiamo a disposizione un arma in più nel trattamento del diabete di tipo 1 e grazie al riconoscimento di centro di riferimento potremo contribuire alla valutazione delle sue potenzialità e dei suoi limiti”
Conclude il dott. Gianpaolo Balzano, chirurgo: “ I pazienti non devono essere preoccupati dall’intervento chirurgico: si tratta di una procedura breve, mininvasiva e molto ben tollerata”.
A marzo 2019, Milano ospiterà il Global Advisory Board meeting proprio su questa tecnologia: un’occasione per fare il punto e valutare l’eventuale avvio di studi pilota che prevedano l’utilizzo del dispositivo anche per indicazioni più estese di quelle attuali.