Il diabete di tipo-1 avviene quando le cellule immunitarie attaccano il pancreas. Ricercatori dell’Istituto di Bioingegneria dell’Ecole Polytechnique Federale di Losanna in collaborazione con il San Raffaele Diabetes Research Institute di Milano e l’Ospedale Universitario di Ginevra hanno ora scoperto che cosa potrebbe scatenare questo tipo di attacco.
Il diabete è una malattia in cui il corpo produce quantità inadeguate o nessuna dell’ormone insulina, che regola i livelli di zucchero nel sangue. L’insulina è prodotta da un gruppo di cellule del pancreas chiamate cellule beta. Nel diabete di tipo 1, le cellule immunitarie del paziente specificamente attaccano le cellule beta, interrompendo così la produzione d’insulina. Tuttavia, non è chiaro come questo accade in realtà. I ricercatori hanno ora scoperto che l’attacco immunitario nel diabete di tipo 1 potrebbe essere innescato dal rilascio di proteine dal pancreas stesso. Il lavoro, che ha potenzialmente implicazioni rilevanti per lo sviluppo di nuove strategie di terapia, è stato pubblicato sulla rivista Diabetes, l’organo ufficiale dell’American Diabetes Association (ADA).
I ricercatori hanno scoperto che le cellule beta pancreatiche in realtà possono secernere le proteine che sono bersaglio dell’attacco immunitario. Ma non sono solo le proteine che causano problemi; i ricercatori hanno scoperto che è anche il loro “imballaggio”. Tale “imballaggio” si presenta sotto forma di piccole vescicole chiamate esosomi. Studi precedenti avevano dimostrato che gli esosomi possono attivare il sistema immunitario. Basandosi su questo, i ricercatori hanno esaminato la produzione di questi esosomi da parte delle cellule beta pancreatiche. I risultati hanno dimostrato le cellule beta pancreatiche umane rilasciano tre proteine negli esosomi note per essere il bersaglio dell’autoimmunità nel diabete di tipo 1. Quando le cellule beta sono esposte a stress, rilasciano elevate quantità di esosomi contententi questi tre bersagli e insieme anche proteine che attivano le cellule immunitarie. Queste proteine fortemente proinfiammatorie possono essere coinvolte nell’induzione dell’autoimmunità.
Sulla base della descrizione di questo meccanismo è possibile immaginare nuove direzioni per lo sviluppo di trattamenti più efficaci che si concentrano sullo sviluppo di esosomi artificiali che contengano molecole che inibiscono piuttosto che stimolino le cellule immunitarie. Queste molecole sintetiche una volta prese dalle cellule del sistema immunitario del paziente, potrebbero bloccare l’attacco alle cellule beta.