Il sistema immunitario è in grado di “ricordare” il primo incontro con un agente patogeno e di reagire in modo pronto e vigoroso ad un successivo incontro. E’ in sostanza il concetto su cui si basano le vaccinazioni in cui la somministrazione di un antigene è in grado di proteggere l’individuo da quello stesso antigene a decenni di distanza.
Questo stesso processo avviene anche nelle reazioni autoimmuni. I pazienti che sviluppano diabete di tipo 1 acquisiscono una memoria immunologica nei confronti delle beta cellule che permane a decenni di distanza. La memoria immunologica diventa quindi un problema nelle terapie di sostituzione delle beta cellule, inclusi trapianto di isole e di pancreas. E’ verosimile che la memoria immunologica possa costituire un problema anche per beta cellule derivate da cellule staminali, che una volta trapiantate verrebbero riconosciute come entità aliene e quindi distrutte.
Come mai la memoria immunologica è cosi persistente nel tempo?
Circa 10 anni orsono abbiamo ipotizzato l’esistenza di “cellule staminali della memoria” (Monti P et al. Curr Diab Rep 2009) in grado si vivere per decenni e soprattutto di essere resistenti ai farmaci immunosoppressivi ed immunomodulatori di cui disponiamo. Oggi (Vignali et al. Diabetes 2018) abbiamo la prova che le “cellule staminali della memoria” vengono generate con lo sviluppo della malattia e sono ancora presenti nei pazienti anche 30 anni dopo l’esordio del diabete.
Possiamo eliminare le “cellule staminali della memoria”?
Nel nostro studio abbiamo scoperto che le “cellule staminali della memoria”, come il cervello e i globuli rossi si nutrono quasi esclusivamente di glucosio, e per farlo hanno bisogno di approvvigionarsi attraverso un recettore chiamato GLUT1. Utilizzando una molecola che blocca questo recettore siamo in grado (almeno in vitro) sia di prevenire la formazione che di bloccare la proliferazione delle “cellule staminali della memoria”. I prossimi studi in modelli pre-clinici ci diranno se questo approccio sarà in grado di causare una sorta di amnesia immunologica nei confronti delle beta cellule e se è possibile e ragionevole trasferire questo approccio nell’uomo.
Quali pazienti potrebbero beneficiare di questo approccio?
Sicuramente tutti i pazienti che hanno già sviluppato il diabete e che hanno un’indicazione per terapie di sostituzione beta cellulare. Per quanto riguarda i pazienti che non hanno ancora sviluppato il diabete ma hanno l’attivazione del sistema immunitario confermata dalla presenza di autoanticorpi circolanti, sappiamo che la memoria immunologica è già presente . I prossimi studi sono infatti volti a capire se bloccare le “cellule staminali della memoria” in questa fase può rallentare o prevenire la distruzione delle beta cellule e quindi prevenire l’esordio del diabete